venerdì 19 agosto 2016

6 Luglio 1977

Leggo, su La Stampa online di oggi, di una signora che vende ai mercatini vecchie lettere d'amore recuperate da soffitte, cantine, librerie salvate dalla discarica, le vende ad un Euro e riscuotono un grande successo, gente intorno alla mia età le legge, si sofferma su certi passaggi, si commuove e le acquista, chi vuole metterle in una cornice e chi le vuole semplicemente per ricordare i tempi in cui noi tutti avevamo in un cassetto un certo tipo di buste ed un certo tipo di carta da lettera da inviare alla lei del momento, o della vita.

La memoria mi è corsa in un lampo all'inizio della mia storia con le lettere da e per una ragazza speciale.

Nell'estate del 1977 ero reduce da un anno scolastico in cui avevo ottenuto buonissimi risultati, ma che dal punto di vista sentimentale mi aveva letteralmente scassato le ossa.

A diciassette anni non si dovrebbero prendere le cose con la serietà assoluta che io mettevo in ogni cosa, alla fine la mia inesperienza mi aveva messo nei guai e mi apprestavo a partire per il mio mese di Luglio in Liguria con l'animo non proprio sereno ed una nube sottile di tristezza che velava la mia vita; mentre stavo per salire nella 127 rossa stipata di bagagli decisi all'ultimo momento di portarmi la fedele Francesca, la chitarra classica regalo di mio padre che ho tutt'ora nell'angolo del mio ufficio/taverna/ rifugio/tana da cui sto scrivendo.

Se mio figlio decidesse di intraprendere tutte insieme le attività che avevo svolto in quell'anno sono più che certo che finirei per prenderlo da parte e gli spiegherei che il raja Yoga non è una disciplina da prendere alla leggera, che praticare spiritismo consultando testi di occultisti inglesi della metà del milleottocento volendo trovare riscontri dei testi di Carlos Castaneda e Lobsang T. Rampa alla fine potrebbe portarlo su di una soglia da cui risulterebbe molto difficile tornare indietro.

Ma io ho sempre avuto una predilezione per il cacciarmi consapevolmente nei guai ed ora sotto il caldo sole del primo di Luglio del 1977 mi stavo portando i miei appunti di yoga, la mia canna da pesca e la mia chitarra Francesca verso un mese di mare.

Dopo pochi giorni la routine fra pesca spiaggia e gelati serali mi stava sfinendo, non trovavo alcun beneficio da un posto che amavo, mi stava tutto stretto, sentivo che qualcosa albergava nel mio stomaco e mi tormentava, un animale, un mostro. Il 6 Luglio uscii da solo per fare due passi, sugli scogli su cui ero solito pescare la mattina trovai due ragazze, una stava suonando una chitarra, cantava qualcosa in spagnolo, lo riconobbi come un brano degli Intillimani, la ragazza che l'accompagnava aveva lunghi capelli neri ed un viso dolcissimo, feci i complimenti per la bella esecuzione, Luisa aveva imparato lo spagnolo da autodidatta, suonava bene, conosceva moltissime canzoni di cantautori italiani e gran parte dei brani degli Intillimani, La sua compagna silenziosa si chiamava Sabrina, facemmo amicizia, le due coetanee erano ospiti di un amica di famiglia, una pittrice, che aveva messo a disposizione le due stanze nel vecchio borgo di pescatori nato attorno ad una torre di avvistamento che era il nucleo di quella che sarebbe diventata la parte rivierasca del comune stesso.

Passammo lunghi pomeriggi a suonare, a fare parole crociate, stesi sul letto a ridere e scherzare. A parlare di politica, di amori, di progetti.

Lentamente il mostro che aveva preso dimora nel mio stomaco si arrese, ed io tornai a vivere.
Mi innamorai di Sabrina, di quella ragazza con un quoziente intellettivo da paura, in grado a diciassette anni di completare al volo i due terzi del cruciverba del Bartezzaghi, così acuta e così silenziosa al tempo stesso.

Le dichiarai il mio amore in un modo che definirei ora imbarazzante, mi rispose con un garbo infinito e parole dolcissime che lei aveva già un ragazzo, ma che la mia amicizia le piaceva; il giorno prima in cui Sabrina dovette Tornare alla sua Torino il fratello di Luisa era venuto in auto con Uto, il ragazzo di Sabrina, per riportarle a casa, la sera uscimmo in quattro, Luisa, Sabrina, Uto ed io.

Passeggiammo sul lungomare, nelle vie interne Sabrina non baciò mai Uto, costui parlò ininterrottamente per tutta la sera, sulla via del ritorno Sabrina mi venne accanto e le chiesi se Uto fosse sempre stato così ciarliero, lei sorrise, mi rispose con un cenno, mi disse che all'inizio per lei non era stato facile e si strinse a me dolcemente, di soppiatto.

L'ultima volta che la vidi mi stava rivolgendo un meraviglioso sorriso dal finestrino dell'auto del fratello di Luisa.

Il mostro era stato sconfitto, ma a che prezzo! Finii il mese di mare passando spesso sotto l'arco che portava a quelle due stanze ora vuote.

Tornato a casa scrissi due righe ad entrambe ed ottenni in risposta una lettera scherzosa da parte di Luisa ed una meravigliosa busta Fucsia con uno splendido Snoopy disegnato sul retro da parte di Sabrina, mi scrisse cose belle e dolci, iniziò un rapporto epistolare che durò due anni, poi il silenzio.
Persi i contatti con entrambe, ma le sue lettere dalle bellissime buste fucsia le ho conservate per tanti anni.

Sabrina continua ad avere il mio rispetto ed un angolo del mio cuore tutto per se, perchè sarebbe troppo comodo dimenticare, io non l'ho mai voluto fare, le persone che ho incontrato e che hanno lasciato un segno nella mia vita sono tutte presenti nei miei ricordi.

Fra pochi giorni tornerò nello stesso luogo dove tanti anni fa incontrai Sabrina, state pur certi che passerò ancora una volta sotto quell'arco ed anche se lo stabile dove erano incastrate quelle due stanze è stato ristrutturato la finestra con le grate metalliche che dà sul vicolo c'è ancora e come sempre vi sbircerò dentro per vedere se lì in quella stanza  risuonano ancora gli echi dei miei diciassette anni.


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