Leggo,
su La Stampa online di oggi, di una signora che vende ai mercatini
vecchie lettere d'amore recuperate da soffitte, cantine, librerie
salvate dalla discarica, le vende ad un Euro e riscuotono un grande
successo, gente intorno alla mia età le legge, si sofferma su certi
passaggi, si commuove e le acquista, chi vuole metterle in una
cornice e chi le vuole semplicemente per ricordare i tempi in cui
noi tutti avevamo in un cassetto un certo tipo di buste ed un certo tipo
di carta da lettera da inviare alla lei del momento, o della vita.
La
memoria mi è corsa in un lampo all'inizio della mia storia con le
lettere da e per una ragazza speciale.
Nell'estate
del 1977 ero reduce da un anno scolastico in cui avevo ottenuto
buonissimi risultati, ma che dal punto di vista sentimentale mi aveva
letteralmente scassato le ossa.
A
diciassette anni non si dovrebbero prendere le cose con la serietà
assoluta che io mettevo in ogni cosa, alla fine la mia inesperienza
mi aveva messo nei guai e mi apprestavo a partire per il mio mese di
Luglio in Liguria con l'animo non proprio sereno ed una nube sottile
di tristezza che velava la mia vita; mentre stavo per salire nella
127 rossa stipata di bagagli decisi all'ultimo momento di portarmi la
fedele Francesca, la chitarra classica regalo di mio padre che ho
tutt'ora nell'angolo del mio ufficio/taverna/ rifugio/tana da cui sto
scrivendo.
Se
mio figlio decidesse di intraprendere tutte insieme le attività che
avevo svolto in quell'anno sono più che certo che finirei per
prenderlo da parte e gli spiegherei che il raja Yoga non è una
disciplina da prendere alla leggera, che praticare spiritismo
consultando testi di occultisti inglesi della metà del
milleottocento volendo trovare riscontri dei testi di Carlos
Castaneda e Lobsang T. Rampa alla fine potrebbe portarlo su di una
soglia da cui risulterebbe molto difficile tornare indietro.
Ma
io ho sempre avuto una predilezione per il cacciarmi consapevolmente
nei guai ed ora sotto il caldo sole del primo di Luglio del 1977 mi
stavo portando i miei appunti di yoga, la mia canna da pesca e la mia
chitarra Francesca verso un mese di mare.
Dopo
pochi giorni la routine fra pesca spiaggia e gelati serali mi stava
sfinendo, non trovavo alcun beneficio da un posto che amavo, mi stava
tutto stretto, sentivo che qualcosa albergava nel mio stomaco e mi
tormentava, un animale, un mostro. Il 6 Luglio uscii da solo per fare
due passi, sugli scogli su cui ero solito pescare la mattina trovai
due ragazze, una stava suonando una chitarra, cantava qualcosa in
spagnolo, lo riconobbi come un brano degli Intillimani, la ragazza
che l'accompagnava aveva lunghi capelli neri ed un viso dolcissimo,
feci i complimenti per la bella esecuzione, Luisa aveva imparato lo
spagnolo da autodidatta, suonava bene, conosceva moltissime canzoni
di cantautori italiani e gran parte dei brani degli Intillimani, La
sua compagna silenziosa si chiamava Sabrina, facemmo amicizia, le due
coetanee erano ospiti di un amica di famiglia, una pittrice, che
aveva messo a disposizione le due stanze nel vecchio borgo di
pescatori nato attorno ad una torre di avvistamento che era il nucleo
di quella che sarebbe diventata la parte rivierasca del comune
stesso.
Passammo
lunghi pomeriggi a suonare, a fare parole crociate, stesi sul letto a
ridere e scherzare. A parlare di politica, di amori, di progetti.
Lentamente
il mostro che aveva preso dimora nel mio stomaco si arrese, ed io
tornai a vivere.
Mi
innamorai di Sabrina, di quella ragazza con un quoziente intellettivo
da paura, in grado a diciassette anni di completare al volo i due
terzi del cruciverba del Bartezzaghi, così acuta e così silenziosa
al tempo stesso.
Le
dichiarai il mio amore in un modo che definirei ora
imbarazzante, mi rispose con un garbo infinito e parole dolcissime
che lei aveva già un ragazzo, ma che la mia amicizia le piaceva; il giorno prima in
cui Sabrina dovette Tornare alla sua Torino il fratello di Luisa era
venuto in auto con Uto, il ragazzo di Sabrina, per riportarle a casa,
la sera uscimmo in quattro, Luisa, Sabrina, Uto ed io.
Passeggiammo
sul lungomare, nelle vie interne Sabrina non baciò mai Uto, costui
parlò ininterrottamente per tutta la sera, sulla via del ritorno
Sabrina mi venne accanto e le chiesi se Uto fosse sempre stato così
ciarliero, lei sorrise, mi rispose con un cenno, mi disse che
all'inizio per lei non era stato facile e si strinse a me dolcemente,
di soppiatto.
L'ultima
volta che la vidi mi stava rivolgendo un meraviglioso sorriso dal
finestrino dell'auto del fratello di Luisa.
Il
mostro era stato sconfitto, ma a che prezzo! Finii il mese di mare
passando spesso sotto l'arco che portava a quelle due stanze ora
vuote.
Tornato
a casa scrissi due righe ad entrambe ed ottenni in risposta una
lettera scherzosa da parte di Luisa ed una meravigliosa busta Fucsia
con uno splendido Snoopy disegnato sul retro da parte di Sabrina, mi
scrisse cose belle e dolci, iniziò un rapporto epistolare che durò
due anni, poi il silenzio.
Persi
i contatti con entrambe, ma le sue lettere dalle bellissime buste
fucsia le ho conservate per tanti anni.
Sabrina continua ad avere il mio rispetto ed un angolo del mio cuore tutto
per se, perchè sarebbe troppo comodo dimenticare, io non l'ho mai
voluto fare, le persone che ho incontrato e che hanno lasciato un
segno nella mia vita sono tutte presenti nei miei ricordi.
Fra
pochi giorni tornerò nello stesso luogo dove tanti anni fa incontrai
Sabrina, state pur certi che passerò ancora una volta sotto
quell'arco ed anche se lo stabile dove erano incastrate quelle due
stanze è stato ristrutturato la finestra con le grate metalliche che
dà sul vicolo c'è ancora e come sempre vi sbircerò dentro per
vedere se lì in quella stanza risuonano ancora gli echi dei miei diciassette
anni.
Nessun commento:
Posta un commento