martedì 26 aprile 2016

LA FOSSA COMUNE

La fossa è nel fitto del bosco
troppe vite unite nel dolore
la morte li ha serrati in un abbraccio
un unico cippo a rievocar la loro dipartita
l'ultima pestilenza se li portò via
a centinaia giacciono sotto fronde omnbrose
nessuno li disturba
la quiete li circonda
ma io sento le loro voci ed odo le loro grida
non hanno scordato il dolore
non hanno scordato la morte
urlano nel silenzio nel ricordo delle proprie vite
incapaci di andarsene e ricominciarne un altra
bloccati nel dolore e nella disperazione
le loro ossa sbiancate dalla calce viva
sono tutto ciò che resta loro
perchè nessuno ricorda più i loro sorrisi
e nessuno ricorda più le loro lacrime.


domenica 10 aprile 2016

LA CAPSULA DEL TEMPO

Non me ne ero assolutamente dimenticato, ma pensavo fosse andata persa, mia madre mi aveva detto che durante la ristrutturazione della casa dei miei nonni parecchi dei miei quaderni e libri dalle elementari alle superiori erano stati gettati unitamente a non precisate “mie cose”, pensavo che anche la mia capsula del tempo fosse stata gettata, in fondo chiunque l'avesse trovata, una volta aperta, avrebbe visto cose insignificanti, dato che avevano un senso solo ed esclusivamente per me.

Ma non era andata persa, la scatola di metallo che avevo chiuso definitivamente a sedici anni era rimasta esattamente dove l'avevo lasciata, fra il trave maestro ed un travetto della soffitta della casa che fu dei miei nonni materni, semplicemente ha deciso di farsi trovare da mia cognata, la casa ora è di proprietà di mio fratello che la utilizza (in parte) come ufficio e durante la sistemazione della soffitta ora adibita ad archivio, è stata notata, la scatola di biscotti in metallo zincato recava ancora leggibili le scritte vergate da me con un pennarello indelebile che invitavano a non aprirla per nessun motivo in quanto maledetta (ho semrpe avuto il senso del dramma..).

Mia cognata non l'ha aperta mi ha telefonato dicendomi che aveva trovato qualcosa di mio sotto un trave, ed oggi l'ho recuperata.

Una capsula del tempo è la tradizione squisitamente americana di seppellire una scatola con cose della prpria infanzia e adolescenza, da aprire una volta adulti, mi sono sempre sentito un po' americano, vuoi per la nonna nata in Pennsylvania, vuoi i ricordi che ho sempre avuto fin da bimbo, di paesaggi e volti di gente che sapevo abitare in quel paese di cui apprezzo poco in tema di politica estera, energetica e modo di vivere ma che evoca in me una immensa nostalgia per chi vi ho lasciato poco più di mezzo secolo fa.

Oggi pomeriggio sono sceso nella mia taverna-ufficio-tana e sul tavolo di Rovere ho aperto con cura la mia capsula del tempo, la cognata l'ha spolverata con cura, il nastro adesivo trasparente con cui era sigillata cade a pezzi, lo stacco con cura e poi apro il coperchio, la prima cosa che noto è un modellino di auto, una Ferrari P4 in scala 1:43, mi venne regalata dal nonno Beppe al mio nono compleanno, costava mille Lire, la ricordo ancora dietro la vetrina della cartolibreria-bazar della via che percorrevo per recarmi a scuola; scosto il modellino e trovo una foto di mio padre accucciato davanti ad un Mustang P 51, era il 1954 ed era appena arrivato a Ghedi, fatico trattenere le lacrime, un altra fotografia salta fuori dalla scatola, io a dodici anni ad una festa di compleanno con due ragazzine della mia classe, un foglio di quaderno formato A5 con un disegno fatto da me di uno Shadock, le folli creature disegnate da Jacques Rouxel che ho conosciuto grazie ai cartoni animati trasmessi nel 1972 a tarda ora, la domenica sera, presentati da Oreste Lionello.

Un altra fotografia, una delle ultime messe nella scatola, il mio primo amore, mentre si pettinava allo specchio, molto molto carina.

Trovo un frammento del mio diario che ho tenuto per un periodo di quattro anni e che ho definitivamente distrutto a sedici, ma questo foglio l'avevo conservato, un lungo elenco di cose che avrei voluto fare da adulto, scorrendo rapidamente leggo cose che non ho mai realizzato quali “visitare dei fiordi Norvegesi” e “urinare sulla tomba del generale Badoglio”, altre che sono riuscito a realizzare fra le quali “pescare in alto mare” e “avere dei figli”.

Passo oltre, un altra istantanea realizzata con una polaroid, la fotografia è molto danneggiata, ma sono riconoscibili la spiaggia di Andora che frequentavamo ed un amico coetaneo di mio fratello.

Fra cose più o meno inaspettate scopro una fotografia che avevo quasi
scordato, uno scatto mia madre e mio padre giovanissimi, la vita non li aveva ancora piegati, avevano progetti ed anni felici davanti a loro.
,
Prendo le fotografie e le scannerizzo, vedrò di recuperare qualcosa da quelle meno malandate, i fogli, l'elenco ed altre cose le getto, hanno svolto il loro compito, mi hanno riportato dal passato una serie di messaggi.

La Ferrari P4 l'ho regalata a mio figlio, non è attratto dalle vetture, ma l'ha accettata subito ed in cambio ho ricevuto un un grande sorriso...


Rosa e Salvatore.