martedì 29 aprile 2014

IL CIELO IN UNA STANZA

Dietro casa c'è una collina con un bosco
risuona di canti e di richiami
il periodo degli amori è l'armonia dei canti
di fringuelli usignoli e merli neri.

Oggi  la mia testa era piena di pensieri
riguardo all'oggi e certamente pure al domani
ma l'appoggiarmi al bordo del balcone
e sentire il concerto degli amanti
mi ha riportato alla vita in un momento

Mi son sdraiato sul divano con la finestra aperta
i fischi e cinguettii entravano e pian piano
il soffitto pieno di nuvole si è fatto
ed io avevo un prato per cuscino

E l'erba alta mi carezzava i piedi
la brezza lieve mi portava i profumi
del carpine fiorito e del sambuco
e i rintocchi di campane lontane erano lievi

 Un nibbio bruno planava molto in alto
le rondini ad urlare a bassa quota
mi son rimesso in piedi sorridendo
 uscendo dalla mia stanza con le nubi.




giovedì 17 aprile 2014

L'ALBA DEL GIORNO DOPO

Un possibile futuro

Dopo la fuga precipitosa della notte, ci eravamo fermati sul ciglio della strada a riposare per qualche minuto, caricare in fretta e furia le poche cose che avremmo potuto portare era stato doloroso, ma la frenesia e la minaccia dell'ineluttabile catastrofe aveva spazzato via le remore.

Tutto quello che ci restava erano quattro piumoni con due ricambi per ognuno, quattro pentole e due padelle, due scatole stipate di cibo conservato, sei pacchi di acqua, un po' di cibo fresco contenuto nel frigo portatile, le due grosse valige con i vestiti e due borse di scarpe era tutto ciò di cui potevamo disporre, i nostri gatti erano nei due trasportini li mettemmo nel bagagliaio dell'auto di mia moglie.

L'incidente era avvenuto due giorni prima, l'incendio era visibile dalla nostra casa e impiegai pochi secondi per capire da dove provenisse, ne parlai con mia moglie e decidemmo di partire entro ventiquattr'ore se le fiamme avesserro continuato a divorare la base militare collocata sui primi contrafforti delle prealpi.

Per tutto il giorno prima decine e decine di autopompe ed elicotteri con grossi contenitori d'acqua prelevata dal lago di Garda erano accorsi e le sirene facevano da contrappunto ai clacson delle auto bloccate sulla tangenziale che era stata chiusa a metà mattina.

A tarda sera decisi che il rischio era troppo grande, chiudemmo tutte le finestre sprangandole e fissando dall'interno listelli robusti di legno che mi ero procurato il pomeriggio, li avvitai sul telaio degli scuri con lunghe viti autofilettanti, chiusi e sigillai l'abbaino, bloccai da dentro le basculanti dei garage, una minima speranza di poter tornare era doverosa, mia moglie decise di preparare i bagagli con mia figlia.

Nessuno risuscì a chiudere occhio, le sirene erano una colonna sonora continua, alle due decisi di partire, le auto erano cariche come muli, i serbatoi erano pieni, caricammo le ultime cose per riempire ogni spazio libero, e partimmo chiamando con i cellulari gli amici ed i parenti più prossimi avvertendoli  della nostra decisione ed esortandoli ad andarsene immediatamente.

Calcolai che un esplosione da cento megatoni avrebbe devastato in maniera diretta non meno di mille chilometri quadri eliminando ogni singolo batterio esposto al flash, il successivi diecimila chilometri quadri sarebbero stati esposti ad un fall out apocalittico, i venti, secondo le previsioni meteo,   avrebbero soffiato da ovest ad est per una settimana circa, decisi di muovermi verso ovest.

L'autostrada A4 era stata chiusa per far accorrere i mezzi NBC della protezione civile e dell'esercito, eravamo prossimi al disastro, imbocccai la statale per Cremona, la nostra destinazione era la riviera ligure.

Il viaggio continuò in un silenzio spettrale, alle sei di mattina eravamo a Genova, ma io volevo mettere un altro centinaio di chilometri alle mie spalle, il GR delle sei annuncò l'immediato sgombero di una ventina di comuni, fra i quali il nostro, era la fine, mio figlio che era accanto a me piangeva sommessamente.


Proseguimmo sulla A10 fino ad Andora dove ero certo che una vecchia amica di famiglia ci avrebbe ospitato nel suo minuscolo bilocale.
 Usciti dall'autostrada ci fermammo, stanchi, profondamente preoccupati, nessuno disse una parola per molti minuti, fu mia moglie a chiamarmi con il walkie talkie con cui comunicavamo fra un auto e l'altra, sapevamo che in caso di disastro i cellulari sarebbero stati inutilizzabili.
 Suonai il campanello della signora Tina alle nove di mattina.

Ci accolse incredula, le spiegammo dell'incombente ecatombe, la esortammo a chiamare la figlia, che abitava a Milano, a fuggire e a raggiungerla, ma la rete telefonica era in crisi a causa del sovraccarico, la raggiunse telefonicamente alle undici, stava lasciando l'abitazione, ma tutte le autostrade del nord Italia erano bloccate, avrebbe fatto il possibile per raggiungerla.

Passammo il pomeriggio a sbrigare alcune faccende, aprii un conto corrente in una banca locale svuotando con due assegni i nostri conti correnti personali, nella speranza che la transazione sarebbe avvenuta prima del disastro, mi assicurarono che entro domani avrei avuto i fondi a disposizione, ma io speravo solo che ci sarebbe stato un domani.

Venne la sera, una notte agitata vegliò sul nostro poco sonno, dormimmo sul pavimento del salotto, abbracciati, trascorremmo la mattina a sistemare i ragazzi nel garage della Signora Tina dove era stato realizzto un soppalco con due letti.

Alle tre di pomeriggio il tempo si fermò

Non ci fu rumore di alcun tipo, ma nessu gabbiano si levò in volo, il vento cessò di colpo e capimmo che era successo.

Restammo senza corrente, i telefoni non funzionavano più, la radio era muta, la TV un riquadro inerte.

L'onda d'urto fece il giro del pianeta per ben tre volte.

La stupidità aveva trionfato, le cento testate nucleari depositate a sei chilometri in linea d'aria da casa mia, ignorate da decine di governi, erano esplose, l'olocausto nucleare avrebbe spazzato via non meno di tre milioni di vite e distrutto per sempre la parte più produttiva del paese, i posti in cui ero
cresciuto, le splendide colline dove crescevano le orchidee selvatiche, la spiaggia dove facevo il bagno e soprattutto, molti dei miei affetti.

Dei miei fratelli, dei miei suoceri, di tanti amici ero certo non avrei saputo più nulla

L'alba della mattina successiva dipinse il giorno di un rosso vivido che riempì il cielo, collegando l'antenna del mio walkie talkie al cavo dell'antenna TV iniziai a sentire sui vari canali  cosa fosse successo e della gravità dell'accaduto, in Italia il governo non esisteva più, la barca era squartata ed i topi stavano fuggendo dalla stiva...

Dovrò trovare la forza di ricominciare tutto da capo, superando l'angoscia ed il dolore per i miei cari persi per sempre, ma avrò vicino a me la mia famiglia.






sabato 5 aprile 2014

Il RITO E LA NUOVA STAGIONE

Domenica 30 Marzo, nonostante una notte in cui il sonno  è rimasto assente all'appello, decido che non posso esimermi dal celebrare il rito annuale, mi alzo dal letto piuttosto tardi, le nove di mattina, indosso jeans pesanti, maglietta a maniche corte, camicia ed il  giubbotto senza maniche ma dalle nuemerose tasche.

Metto insieme l'attrezzatura fotografica in tre minuti ed esco di casa.

Nessuno della mia famglia ha voluto seguirmi, ma stare un po' da solo mi serve anche per schiarirmi le idee.

Indosso un paio di scarpe sportive, i miei scarponi da trekking sono stati buttati via per errore da mia moglie e da mia figlia, avevo chiesto di comprarmene un paio al più presto (visto il danno spettava a loro riparare), ma così non è stato.

Il tempo è meraviglioso, vedo gente che sta potando gli ulivi appena sotto le mura del castello di Puegnago, in dieci minuti sono al parcheggio del parco naturale del Sasso.

Inforco lo zaino e mi metto i vecchissimi scarponi che utilizzo solo quando devo spalare la neve dallo scivolo di casa, mi rendo conto che sono stretti, li indossavo nelle mie escursioni da ragazzo, il piede si è incicciottito di una taglia (anche tutto il resto, suvvia tanto vale ammetterlo) i primi passi sono uno strazio, torno all'auto, ma poi decido che visto che si tratta di un rito un po' di penitenza può anche starci.

Arrivo al laghetto, lo separa dals entiero solo una bella staccionata, del percorso protetto e del punto di osservazione protetto che avrebbe dovuto lasciare tranquilla la fauna, non vi è traccia, il solito progetto a metà della solita italietta....,una copia di Germani reali sguazza pacificamente, ma è chiaro che non siano uccelli di passo, semplicemnte volatili che dal Garda hanno trovato un buon posto nell'anfiteatro del Monte Sasso.

Salgo lungo il sentiero e dopo due passi trovo inaspettatamente una bella Orchis Morio, la stagione è in anticipo di una ventina di giorni, a differenza dell'orchis Speghodes, che dispone di un "orologio solare" e che fiorisce indipendentemente dalle condizioni climatiche, l'Orchs Morio evidentemente ha approffittato delle belle giornate di un Marzo insolitamtne mite per far capolino.

Continuo a salire, ed arrivato vicino al belvedere trovo decine e decine di queste piccole orchidee fiorite, ho molti scatti di questa specie, molto comune sul Sasso, ma vi sono molte ibridazioni e molte sottospecie, cerco qualche esemplare che non ho ancora catturato ed alla fine lo trovo, una variante della Orchis Morio che avevo ritratto una sola volta, "Grandflora" perchè il labello risulta più largo del solito e quasi diviso intre parti, clic!

Orchis morio var. Grandflora...
 Orchis Morio

Continuo per cercare la regina di marzo, l'Orchis Speghodes affiche il rito venga celebrato in pieno.

Cerco lungo il sentiero che scende dal belvedere, ma ormai l'orchidea non cresce più nella culla accanto alla scogliera a picco sul algo, per anni vi ho trovato bellissimi esemplari, ma da due primavere non vi cresce più nulla, non mi perdo d'animo, conosco altri posti in cui fiorisce.

incontro altri tre appassionati che stanno ritraendo una bella Orchis Morio, scambiamo due chiacchere, mi offro di portarli dove fioriscono le orchis Speghodes, un rito dopotutto è certamente più efficace se officiato in gruppo...

Arriviamo nel luogo che stavoc ercando e vi troviamo due splendidi esemplari in piena fioritura, prendo posizione sdraiato, il flash anulare è tarato correttamente, scatto...
 
   
Clicca sull'immagine per ingrandirla

Il rito è compiuto, ancora una volta, mi aspetta una primavera di caccia a queste gemme rpeziose, fra due ore partirò con le persone che ho incontrato sul Sasso per cercare di catturare due orchidee della specie Ophris che non ho mai catturato. 

Strana gente i fotografi, amano condividere i propri gioielli, non sono gelosi delle prorpie piccole gioie, la salvaguardia di queste gemme passa anche dalla passione di chi le cerca fra speroni di roccia, campi, prati aridi e colline.

Torno al parcheggio lentamente, i piedi mi fanno un male cane, mi ripropongo di acquistare un paio di scarponcini da trekking entro tre giorni.

Sono all'auto, mi tolgo gli scarponi e mi rimetto le scarpe sportive, sembrano comode quanto pantofole.

Guidando verso casa passo accanto al lago Lucone, un lago prosciugato nel 700 dove da anni si stanno effettuando scavi archeologici e dove da poco sono state classificate molte specie di orchidee selvatiche, sarà il mio nuovo terreno di caccia (proprio dietro casa).... 

AGGIORNAMENTO

L'altro ieri ricevo una telefonata da parte delle eprsone incontratte sul Sasso la scorsa domenica, mi prospettano una passeggiata in una valletta alle spalle di Brescia nota per ospitare moltissime specie di orchidee, posto un paio di scatti...

 Orchis Simia, clicca sull'immagine per ingrandirla

 Ophris Benacense clicca sull'immagine per ingrandirla

 Ophris Insectifera, clicca sull'immagine per ingrandirla

Purtroppo il sensore è piuttosto sporco, servirà un lavoro di fino con photoshop...